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domenica 27 novembre 2011

Alimentazione a chilometri zero


In questo periodo non posso allenarmi con continuità per via dei vari impegni ma soprattutto per via di un fastidioso dolore vicino alla caviglia, e non so ancora di che si tratta! Così succede che quello che per me prima era uno snack leggero preallenamento s’è trasformato in cena, anche sostanziosa, e, unito al minor esercizio fisico..mi ha causato un aumento di peso.
Che fare?
Il dolore si sente ad ogni sforzo (quindi devo scordarmi per un po’ lo sport), per cui devo agire sull’altra causa: l’alimentazione.
Ho cominciato a pensare a ciò che mangio.
In che senso?
Ho cercato di capire quali apporti sul nostro corpo danno le diverse tipologie di alimenti.
Un’alimentazione sana si fonda soprattutto su cibi prodotto da un’agricoltura sana e il modo migliore per sincerarsi della qualità è sapere da quale azienda provengono, conoscerne il metodo produttivo e questo devo dire che è difficile se non c’è la diretta conoscenza. Credo che il meglio sia quindi rifornirsi dei cosiddetti cibi a chilometri zero, cioè di quelle aziende vicino a noi, che magari conosciamo o che comunque abbiamo  più opportunità d conoscere.
Su questo temi si è svolto nella prima metà di novembre un convegno a Los Angeles nell’ Urban Land Institute. Già il titolo mi ha molto colpito: “Rivoluzione alimentare e ricadute sul settore immobiliare”.
Che rapporto ci può essere tra l’alimentazione ed il valore degli immobili? Apparentemente sembrerebbe poco niente ma certi esempi ci aprono a nuove idee.

Christian Meany è un costruttore della Wilson Meany Sullivan, società che fu scelta per riqualificare un complesso sul porto di San Francisco. Il fiore all’occhiello è il mercato alimentare a piano terra che attira più di un milione di visitatori ogni anno, diventando una delle mete principali dell’intera città. Col passare degli anni un metro quadro in quella zona è arrivato a garantire oggi  un gettito di 13500 dollari!

Se non ci è bastato questo per capire il grande ruolo economico dell’agricoltura, vediamo che ha fatto Brent Herrington, il presidente della Kukuiula Development Company. Che è quel nome strano della compagnia? È semplicemente il nome di un lussuoso villaggio vacanze di 405 ettari nell’isola hawaiana di Kauai. Campo da golf, centro benessere, terme, luoghi per riunioni e…una fattoria! Banane, bietole, agrumi, ananas, rucola, erbe aromatiche, papaye, alberi del pane…sono prodotti dalla gestione di qualche dipendente e molti abitanti che lavorano la terra come opera di volontariato!! Questa parola però stride se affiancata a certi servizi che non tutti si possono permettere..

Più simpatica e coerente la scelta di Sibella Kraus che da cuoca di un grande ristorante ha deciso di impegnarsi nella divulgazione dell’agricoltura di prossimità, fino a diventare presidente di Sustainable Agriculture Education, in California. Questa società si occupa di coltivazioni urbane e di una prospettiva di sostenibilità raggiungibile attraverso la partecipazione degli abitanti: infatti per Sibella l’agricoltura urbana aiuta anche a rafforzare la comunità. Dice che tanti quartieri stanno facendo esperienze simili, partendo da un “greenprint” (gioco di parole basato su blueprint: il lucido dei progetti) che individua gli spazi in cui è possibile investire in aree aperte, un po’ come si fa con gli investimenti immobiliari. Sottolineando il fatto che noi fortunati ogni giorno mangiamo risulta logico avvicinare il più possibile a casa propria il centro di produzione degli alimenti diminuendo così l’impatto del trasporto sull’impronta ecologica. Come ripete spesso lo scrittore statunitense James Howard Kunstler: “É finita l’era dell’insalata mista che viaggia tremila chilometri”.
Infine sollecita gli amministratori di agriturismi a distinguersi sul “sapore del luogo”.

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