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domenica 22 aprile 2012

Si vede lo stato di crisi in cui versiamo?


Oppure non ce ne siamo accorti perché non ci ha ancora toccato pesantemente?

Sento grossi dibattiti sulla “riforma del lavoro” e sento parlare di “modelli tedeschi” da imitare. Devo dedurre quindi che anche il nostro operaio diverrà il più stipendiato? Già, perché con questo primato (dal 1985 ad oggi le retribuzioni dei lavoratori tedeschi sono cresciute del 30%, al netto dell’inflazione!), l’Ufficio di statistica federale di Berlino ha registrato un aumento del 3% del PIL nel 2011 (contro le previsioni dell’1,8%) mentre noi siamo in recessione (cioè il PIL cala vistosamente), anzi in stagflazione visto che l’inflazione (i prezzi) aumenta.
È un miracolo?
Penso sia più appropriato analizzare il Modell Deutschland: un modello caratterizzato da alti salari e forti diritti sindacali che possono dirottare il capitale tedesco nella ricerca, nell’innovazione, nella qualità e nell’ambiente. Un modello, alternativo a quello cinese, che dimostra come si possa competere puntando su più regole invece di svuotare le conquiste sociali e civili.


Più regole? Quali regole?
Un esempio lo dimostra la legge del 2009 sul Kurzarbeit (credo si traduca “lavoro a tempo parziale”) grazie alla quale sono previsti incentivi alle aziende in crisi per mantenere in servizio i dipendenti, sia pure a orario e salario ridotto ma con l’intervento statale per versare la differenza nelle buste paga. Così hanno salvato mezzo milione di posti di lavoro e, a marzo, il dipartimento del lavoro di Berlino ha reso noto che il tasso di disoccupazione tedesco è sceso oltre le aspettative al 6,7% mentre il tasso di disoccupazione italiano è salito al 9,2% (il peggior dato da quando esistono i dati delle serie storiche mensili, cioè dal gennaio 2004). Inoltre i lavoratori coinvolti non hanno perduto il proprio addestramento e politiche sociali che hanno saputo studiare caso per caso, hanno spinto parte dei disoccupati di lungo periodo a rimettersi a lavorare. Addirittura nel caso di un nuovo impiego pagato meno rispetto al precedente mestiere interviene l’amministrazione statale colma la differenza! Meno costoso e più produttivo che mantenere a casa!


Tutto questo mentre purtroppo la crisi del sistema capitalistico dominato dal mercato finanziario esige un ridimensionamento nei bilanci degli Stati (Italia compresa) con alti debiti pubblici. La ricetta proposta è un’austerità che molto probabilmente aumenterà il livello di disoccupazione e quindi porterà ad offrire salari ancora più bassi ai nuovi lavoratori bisognosi di un reddito.

In una bella serata tra giovani qui in Paese, parlavamo un po’ di noi, di cosa avevamo o stavamo studiando e quando dissi che il tipo d’economia che m’è toccato studiare non m’è proprio piaciuto, mi son sentito dire da Severino che sinceramente d’economia non capiva niente ma pensava che la cosa importante fosse garantire il benessere. Ok! Come dar torto?
Infatti un sistema economico deve esser valutato in base alle migliorie sostenibili che garantisce al maggior numero di cittadini possibile, come afferma la Commissione internazionale per la misurazione delle performance economiche e del progresso sociale.
Abbiam visto che questo sistema è fondamentalmente ingiusto perché ha portato una crescente diseguaglianza di redditi che ovviamente ha diminuito la domanda di prodotti (che le famiglie non si possono più permettere) creando un’offerta troppo alta e quindi un brusco freno all’attività lavorativa per evitare di alimentare le rimanenze in magazzino. In questo contesto, invece di favorire politiche per aumentare l’occupazione, i salari e l’uguaglianza (come quelle sopra descritte), ci è stato detto: "Italiani, state sereni, tanto i vostri stipendi non diminuiscono. Al massimo, guadagnate come l'anno scorso. Continuate a spendere e non risparmiate". 

È la dimostrazione che la miopia politica è peggiore di quella visiva

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