Benedetto Craxi è nato a Milano nel 1934 dall’avvocato
siciliano Vittorio e dalla casalinga Maria Ferrari.
Il padre, antifascista, era un perseguitato politico che
s’era dovuto trasferire a Milano perché non aveva voluto iscriversi al partito
nazionale fascista.
Durante la seconda guerra mondiale i genitori decisero di
affidare il figlio al collegio cattolico di Corfù. Il padre lo voleva avvocato
ma lui in questo periodo pensò di avere la vocazione religiosa (idea che ben
presto dimenticherà). A guerra terminata frequenterà il liceo classico a
Milano.
Si avvicinò ben presto alla politica: si dice addirittura
che quando aveva quattordici anni aiutò il padre socialista nella campagna
elettorale..
A sedici anni si iscrive al partito socialista. Ha una
profonda ammirazione per Garibaldi e tiene con sé una sua immagine. A
diciannove anni entra nella federazione milanese del partito, ne diventa
funzionario e viene eletto, ventitreenne, nel comitato centrale. Si iscrive a
Giurisprudenza e diventa vicepresidente dell’organo rappresentativo degli
studenti italiani. Lascia la facoltà e si iscrive a Scienze politiche a Perugia
ma molla pure qui.
Nel 1960 diventa consigliere comunale e poi assessore a
Milano.
A 31 anni diventa membro della direzione nazionale del
partito e nel 1968 viene eletto in Parlamento. Due anni più tardi diventa
vicesegretario nazionale del partito con l’incarico di curare i rapporti
internazionali. Stringe legami con Mitterrand, Papandreu, finanziando
economicamente il suo partito socialista greco oltre al partito socialista
cileno di Salvador Allende.
Nel frattempo, nel 1976, i voti del PSI scesero
sotto il 10% e a luglio venne eletto Craxi (appena diventato capogruppo alla
Camera) come segretario al posto di De Martino per una “transizione”. Craxi
nominò nuovi giovani collaboratori volendo dare inizio ad un nuovo corso e nel
1978 venne rieletto al congresso.
Elezioni del 1983: circa 11% di voti e Craxi chiede la
presidenza del Consiglio. Il primo socialista Presidente è sostenuto anche da
DC (33%), PRI (5%), PSDI (4%) e PLI (3) che adottano il preambolo d’intesa che
mira ad escludere i comunisti del PCI (30%) dagli incarichi statali.
Questo governo è ricordato per gli Accordi di Villa Madama
(abbandono del cattolicesimo come religione di Stato, introduzione dell’8 per
mille per le religioni, insegnamento facoltativo della religione a scuola…), il
taglio di tre punti all’indennità di contingenza (scala mobile), l’obbligo del
registratore di cassa e dello scontrino fiscale, l’inflazione scesa dal 12% al
5% ma debito pubblico venne più che raddoppiato da 400mila miliardi a 1 milione
di miliardi di lire, rapporto debito pubblico/PIL che si alza dal 57% (nel 1980,
pagavamo il 6% del PIL per gli interessi sul debito) al 69% nel 1983, la spesa
primaria passò dal 37% nel 1980 al 41% nel 1983, il “decreto Berlusconi” che
tramite il voto di fiducia (!) stabilì la legalità delle trasmissioni del
grande amico nonostante le decisioni contrarie dei pretori di Torino, Roma e
Pescara!
Tra i politici che sostenette ci fu il segretario del
Partito socialista rivoluzionario somalo, nonché dittatore, Muhammad Siad Barre.
Nel 1985, nel PSI, viene definitivamente eliminato il
simbolo della falce e del martello sostituendolo con un garofano rosso, a cui
più tardi venne aggiunta la scritta “unità socialista”.
Nel 1986 si cominciò a narrare di una sorta di patto con lo
scopo di alternare un democristiano a Craxi che, invece, negò pubblicamente
quest’accordo e la DC di Ciriaco De Mita, come risposta, fece cadere il
governo.
Alle elezioni del 1987 il PSI ottiene il record del 14% di
voti. Il governo venne guidato prima da Giovanni Goria e poi da De Mita (che nel
novembre ’88 abolì il voto segreto nell’approvazione di leggi di spesa). Nel frattempo
Craxi rappresenta i Paesi in via di sviluppo per il segretario dell’ONU Peréz
de Cuéllar mentre affianca Pannella nella battaglia sulla responsabilità civile
dei giudici e i Verdi riguardo alla chiusura delle centrali nucleari.
Nel congresso che rielegge Craxi come segretario del PSI è
chiara l’intenzione di sfiduciare il governo di De Mita che puntualmente si
dimette, lasciando la guida ad Andreotti. È questo il periodo (giugno ’91) in
cui si svolse il referendum che da tre voleva ridurre ad una sola la preferenza
nelle elezioni per la Camera. Craxi lo snobbò invitando ad “andarsene al mare”
ottenendo l’effetto opposto visto che lo votò oltre il 60% degli Italiani.
Amato diede colpa al diabete mellito che l’anno prima aveva costretto Craxi al
ricovero in ospedale…
Il 17 febbraio 1992 Mario Chiesa, Presidente socialista del
Pio Albergo Trivulzio, viene colto in flagrante mentre accetta una tangente di
7 milioni di lire per un totale di 14 miliardi! Fu il primo arresto
dell’inchiesta di Mani pulite.
All’inizio di marzo Craxi disse al TG3 dell’espulsione di
Chiesa dal partito prendendo le distanze da quel “mariuolo” che solo 2 anni
prima aveva sostenuto il figlio alle elezioni amministrative, affermando poi
l’integra onestà del PSI milanese. Ricordatevi di questo.
Vediamo oggi le conseguenze di questa presunta onestà
ripercuotersi su un’economia con un immenso debito pubblico che indirizza le
casse statali al pagamento degli interessi del titoli di Stato, invece di
finanziare qualche miglioramento.
Dopo un mese di cella Mario Chiesa cominciò a confessare le
tangenti. Nelle elezioni del 1992 il PSI comincia a flettere i voti e, qualche
giorno dopo, vengono arrestati otto imprenditori. Rotta la diga, è difficile
fermare la piena: esplode Tangentopoli.
Per dover di cronaca, Mario Chiesa fece poi parte
dell’ufficio di presidenza della Compagnia delle Opere prima di essere
arrestato nuovamente nel marzo 2009.
Nonostante “un piccolo calo” Craxi chiede la guida del nuovo
governo ma il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (eletto a
maggio) si rifiuta di dare incarichi ai politici che si trovano vicini agli
inquisiti. Al suo posto viene nominato Giuliano Amato, socialista anch’egli.
All’inizio del luglio 1992, durante il discorso di fiducia
del governo Amato alla Camera, Craxi ammette il sistema delle tangenti, accusa
il Parlamento dicendo che “tutti sanno del resto, è che buona parte del
finanziamento ai partiti e al sistema politico è irregolare o illegale…tutti lo
sapevano, nessuno ne parlava…nessun responsabile politico di organizzazioni
importanti potrebbe alzarsi a giurare di non aver mai fatto ricorso a simili
finanziamenti”.
Nessuno si alzò a smentire.
Il peggio ha ancora da venire.