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mercoledì 6 novembre 2013

2015: anno del nuovo accordo per la difesa del clima

L'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) è un organismo scientifico delle Nazioni Unite ed è largamente conosciuto per i suoi rapporti (pubblicati ogni 6 anni a partire dal 1990).
Il quinto rapporto verrà pubblicato in 4 fasi. La prima fase ha visto protagonista il Working Group 1 (WG1) a Stoccolma il 27 settembre 2013. I prossimi documenti analizzeranno dettagliatamente gli impatti del cambiamento climatico e le strategie per contenerlo.

Cosa possiamo attenderci per il futuro in termini di eventi meteorologici estremi?
Le nostre emissioni di gas serra hanno aumentato frequenza ed intensità di alcuni eventi meteorologici ed il futuro sarà quindi in funzione dell'inquinamento che produrremo.
Più andremo avanti col consumo di fonti energetiche fossili e con la deforestazione, peggiori saranno le conseguenze perché gli eventi meteorologici estremi aumenteranno.
Agire presto e con determinazione per ridurre le emissioni di gas serra farà la differenza rispetto alla severità ed alla violenza degli impatti che dovremo scontare, specialmente nel lungo periodo.

Il quarto rapporto (2007) diceva che tra il 1995 ed il 2006 ci sono stati 11 anni tra i 12 più caldi dal 1850 e prevedeva un aumento della temperatura da 1,1°C a 6,4°C entro il 2100; diceva che negli ultimi 10 anni, 3.852 disastri hanno ucciso più di 780mila persone e sono costate almeno 960 miliardi di dollari.
I rischi climatici influiscono sulla carenza di acqua potabile, sulla riduzione della produttività agricola, sull'insicurezza alimentare, sulla perdita dei mezzi di sussistenza, sui rischi per la salute, sulla crisi energetica e sulla sicurezza dai disastri.
1,1 miliardi di persone non hanno accesso all'acqua potabile, più di 3,5 milioni di persone (l'84% sono bambini) muoiono ogni anno per malattie legate all'acqua (il 98% sono nei Paesi in via di sviluppo che sono quelli con la minor capacità di rispondere ma anche quelli meno responsabili dei cambiamenti climatici).

Cosa dobbiamo fare a partire da questi dati?
In linea con quanto prevede il rapporto WG1, ecco cosa occorre per prevenire cambiamenti climatici catastrofici:
-capire che ogni progetto di sviluppo, di realizzazione di infrastrutture, di gestione delle risorse idriche o di sicurezza alimentare che non tenga in conto della realtà dei cambiamenti climatici sarà solo uno spreco di risorse e di opportunità
-arrestare la crescita delle emissioni di CO2 entro il 2020, innescando una rapida diminuzione che porti ad un sostanziale azzeramento verso la metà del secolo. Si deve abbattere il consumo di fonti fossili a partire dal carbone. La scarsità di risorse idriche aumenterà, non ha senso continuare ad investire sul carbone che prevede, tanto in fase estrattiva quanto in fase di combustione, il consumo di enormi quantità d'acqua. In questo senso, segnano un passaggio significativo le recenti decisioni in Cina di fermare la costruzione di nuove centrali a carbone dal 2017, così come le restrizioni della Banca mondiale e della Banca europea per gli investimenti riguardo il finanziamento di nuovi progetti a carbone. Inoltre, Storeband, la seconda compagnia assicurativa in Norvegia nonché leader del settore dei fondi pensione in Scandinavia, ha recentemente deciso di disinvestire da 6 compagnie petrolifere e 13 compagnie legate al carbone per ridurre la sua “esposizione fossile”
-accelerare la rivoluzione energetica. Le rinnovabili sono cresciute velocemente. Oggi la potenza installata di fotovoltaico è decuplicata; quella di solare a concentrazione è aumentata di 6 volte, quella dell'eolico di 3 volte.

Dall'università delle Hawaii a Manoa lo studio “Study in nature reveals urgent new time frame for climate change” annuncia che, nel giro di 35 anni, le temperature medie estive saranno molto più calde dei picchi di calore che abbiamo sperimentato negli ultimi 150 anni. Ciò costringerà specie viventi ad adattarsi, spostarsi o estinguersi perché qualunque siano le condizioni alle quali siamo abituati diventeranno una cosa del passato.
Qualsiasi progresso per rallentare il cambiamento climatico in corso richiederà un grande impegno da parte dei Paesi industrializzati per ridurre le emissioni. Più aspettiamo, più sarà difficile rimediare. Abby Frazier, fra gli autori dello studio, sottolinea: «Speriamo che questo leghi le persone più strettamente al problema e aumenti la consapevolezza riguardo all’urgenza di agire»

“Chi vive oltre il limite giusto e la misura perde la mente ed è in palese stoltezza”
Prendendo spunto da questa frase mi viene da domandare, per esempio, chi ha il potere di decidere quale è questo “limite giusto” e quale è la misura di ciò che è la soglia sufficiente per ciascuno.
Finora si è utilizzato un sistema di mercato il quale ha come limite il pagamento del compratore. Si può quindi produrre tutto ciò che il mercato compra. Non ci sono limiti fisici, biologici, ambientali...
In pratica, una volta che un terreno è esaurito si passa a sfruttarne un altro. È di facile comprensione che questo sistema ha invece un grosso limite naturale: le dimensioni del Pianeta!
Questo sistema capitalistico sta distruggendo il Pianeta!
Questo grazie anche alla incredibile ed irresponsabile miopia politica, nonostante le conoscenze scientifiche odierne.
Complici pure certi economisti che spinsero Kenneth Boulding a dover dire: “Chiunque creda che una crescita esponenziale possa durare sempre in un mondo finito è o un folle o un economista”

Grosso compito sarà dunque analizzare una società dell'abbastanza, una società con stili di vita meno dispendiosi.
Ci piacerà? Accetteremo limitazioni?
Ciascuno dovrà prendere coscienza e magari condividere i propri tentativi, le proprie pratiche di sperimentazione che abbiano quel fine.

Se nascesse una potente sinergia tra produttori e consumatori locali si potrebbe favorire la conoscenza del territorio e delle sue disponibilità. Magari potremmo arrivare a re-imparare a produrre ciò di cui abbiam veramente bisogno con ciò che abbiamo a disposizione. Così facendo non sottrarremo alla Natura più di ciò che ci serve ed eviteremmo anche di generare iniquità. Non ci sentiremmo nemmeno limitati perché gli unici vincoli che avremmo ce li saremo auto-imposti in nome dell'avvenire e di un felice presente. Non ci domanderemmo chi potrebbe calcolare il “limite giusto” di cui sopra. Riusciremmo a rispettare anche i tempi della Natura e baseremmo i nostri rapporti sulla cooperazione piuttosto che sulla competitività perché è anche grazie a quest'ultima che ci siamo trovati in possesso di “cose” inutili.

Nella speranza e nell'impegno verso una simile visione, vediamo cosa possiamo fare nella società contemporanea: per raggiungere gli obiettivi di dimezzamento di CO2 entro il 2050 avremo l'esigenza di ridurre il consumo di energia e di materia tramite efficienza energetica, riciclaggio spinto e prodotti più duraturi. 
 
Acciaio, cemento, carta, plastica e alluminio sono i 5 materiali che richiedono più fabbisogno energetico nella fase di produzione. Sarà indispensabile un'ampia adozione di riciclaggio delle materie (riciclare richiede molta meno energia di quanta ne occorra per produrre da zero!) e studiare la sostituzione dei materiali a più alta intensità energetica con quelli a minore intensità.
Sarebbero passi avanti!

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