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mercoledì 13 agosto 2014

«Efficienza ed efficacia devono diventare le parole chiave»



Nell'Unione europea, nel 2012, l'energia proveniente da fonti rinnovabili ha contribuito per il 14,1% del consumo finale lordo (era 8,3% nel 2004). La strategia Europa 2020 prevede di raggiungere il 20% di rinnovabili nei consumi finali (usi elettrici, termici, trasporto) entro il 2020 e raggiungere il 48% entro il 2030.

Il più forte aumento della quota di energie rinnovabili tra il 2004 ed il 2012 è stato registrato in Svezia (dal 38,7% nel 2004 al 51,0% nel 2012), Danimarca (dal 14,5% al 26,0%), Austria (dal 22,7% al 32,1%) e Grecia (dal 7,2% al 15,1%). L'Italia viene subito dopo (dal 5,7% al 13,5%) ma l'obiettivo nazionale del nostro Paese per il 2020 è il 17%.
Nel 2011 l'Estonia era stata il primo Paese UE a raggiungere il suo obiettivo nazionale per Europa 2020 e nel 2012 è stata raggiunta da Bulgaria (16%), Estonia (25%) e Svezia (49%). Le più alte percentuali di energie rinnovabili nel consumo finale di energia nel 2012 sono state registrate in Svezia (51,0%), Lettonia (35,8%), Finlandia (34,3%) e Austria (32,1%). In coda alla classifica c'è Malta (1,4%), preceduta da Lussemburgo (3,1%), Gran Bretagna (4,2%) e Olanda (4,5%).

Dopo un periodo di forte crescita che nel 2012 ha portato le fonti rinnovabili a soddisfare il 13% del consumo interno lordo di calore ed il 28% di elettricità (con ricadute positive per l'ambiente, l'occupazione e gli investimenti), nel 2013 il settore ha registrato un durissimo stop. Secondo Bloomberg new energy finance, c'è stato in Italia un calo di oltre il 70% degli investimenti nelle fonti rinnovabili, da 15 miliardi di dollari nel 2012 a 4 miliardi nel 2013. In termini di nuova potenza annua installata, si è passati da 3,6 GW a 1,1 GW nel fotovoltaico (-70%), da 1,2 GW a 0,4 GW nell'eolico (-65%), da 150 MW a 70 MW nel minihydro (-55%).

Comuni Rinnovabili 2014, dossier di Legambiente, ci dice che in Italia, nel 2013, erano 700mila gli impianti da fonti rinnovabili (fotovoltaico, termico, idroelettrico, geotermico, biomasse...) per una produzione d'energia di 104 TWh che copre il 32,9% dei consumi elettrici italiani. Grazie alla produzione da fonti rinnovabili, 2629 Comuni in Italia sono autonomi rispetto ai consumi elettrici e 79 sono autonomi rispetto ai consumi termici.

I seguenti 29 Comuni sono rinnovabili al 100%:

Un premio Buona Pratica è stato assegnato al Comune di Albino (BG) per aver investito 1,6 milioni di euro per installare 552 kW di pannelli fotovoltaici.

Sono 7906 i Comuni del solare in Italia, 1529 i Comuni delle bioenergie, 1123 i Comuni del mini idroelettrico (impianti fino a 3 MW, sono in grado di produrre ogni anno oltre 5,2 TWh soddisfacendo oltre 1,8 milioni di famiglie), 628 i Comuni dell'eolico (hanno consentito di produrre 14,8 TWh soddisfacendo oltre 5,5 milioni di famiglie), 372 i Comuni della geotermia (hanno prodotto circa 5,3 TWh soddisfacendo 1,9 milioni di famiglie).

Il nostro Paese risulta quarto in classifica come mercato attrattivo per la geotermia, al dodicesimo posto per l'idroelettrico, l'undicesimo per il fotovoltaico, il quindicesimo per le biomasse e il ventiduesimo per l'eolico.

"I risultati raggiunti dalle rinnovabili nel nostro Paese in termini di produzione e distribuzione nel territorio erano semplicemente inimmaginabili solo 10 anni fa e dimostrano come gli impianti sono affidabili e competitivi. Ora però non dobbiamo fermarci perché la crisi economica e i problemi energetici italiani (costi crescenti in bolletta, dipendenza dall'estero e quindi insicurezza, emissioni inquinanti e di gas serra) possono trovare risposta proprio attraverso un modello di generazione distribuito, efficiente e da fonti rinnovabili. L'Italia ha tutto l'interesse a percorrere questa direzione che permette a famiglie e imprese di risparmiare autoproducendo l'energia termica e elettrica di cui hanno bisogno e gestendola in maniera più efficiente" - Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, che, inoltre, ha rivolto un appello a Governo ed Autorità per l'energia chiedendo di aprire la strada all'autoproduzione da fonte rinnovabili, da cui passerà il futuro energetico degli italiani e la riduzione della spesa.

Il Consiglio nazionale della green economy si è riunito a marzo 2014 ed ha indicato al governo Renzi due priorità necessarie in tema delle fonti rinnovabili, settore di grande importanza per mitigare la crisi climatica e promuovere la green economy:
-attivare una seria azione in favore della semplificazione burocratica per gli impianti di produzione di energia rinnovabile, secondo criteri di massima trasparenza e certezza dei tempi;
-definire una politica di sviluppo degli investimenti per le rinnovabili che, pur muovendosi verso un graduale superamento dei sistema degli incentivi in tariffa preveda "nuove forme di fiscalità...//...finalizzate a orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili, rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetica e sull'energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio".
Le poche ma significative centrali a carbone sono oggi meno costose di quelle a gas. Se la politica ambientale europea fosse coerente, il carbone sarebbe fuori gioco ma visto che il sistema europeo di pagamento per le emissioni di gas serra prevede ancora prezzi bassi per chi inquina, il risultato è che centrali programmate per funzionare più di 5mila ore l'anno producono anche meno della metà di quanto potrebbero. Grazie alla legge Marzano del secondo governo Berlusconi (e grazie ai capacity payment da essa previsti) noi consumatori remuneriamo le imprese non per quel che producono ma per il fatto che la loro capacità produttiva è a disposizione. Si stima che i consumatori sborsino per questo circa 1 miliardo di euro all'anno dal 2017.

Stiamo pagando circa 5,03 miliardi di euro per tutte le tipologie di incentivo riconosciute agli impianti a fonte rinnovabile diversi dai fotovoltaici (questi hanno già raggiunto la soglia massima di 6,7 miliardi annui di costo degli incentivi). Tra queste tipologie di incentivi, più della metà riguardano i Certificati Verdi (2887 milioni di euro), seguiti dalla Tariffa onnicomprensiva (1438 milioni), dai Registri e dalle Aste (415 milioni), dal CIP6 (224 milioni) e dagli impianti in esercizio (67 milioni). Dal punto di vista delle fonti rinnovabili, quella maggiormente incentivata rimane l'eolico con 1377 milioni di euro annui (il 27% del totale), al biogas vanno 1298 milioni di euro, 1068 milioni all'idroelettrico, 735 milioni alle biomasse, 415 milioni ai bioliquidi e 134 milioni al geotermico. 
Riguardo al peso degli incentivi alle rinnovabili sulla bolletta energetica, nella componente A3 della bolletta (ha un costo totale di 12 miliardi di euro l'anno) assieme ai sussidi per le energie rinnovabili sono compresi anche costi che non hanno nulla a che fare con esse (Iva, oneri per la dismissione del nucleare, contributi per le piccole isole, sconti per le ferrovie...) e che pesano per almeno 3 miliardi di euro.

Urge trovare un equilibrio tra le esigenze ambientali, la tutela dei consumatori e l'incentivo ad investire.

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